venerdì 13 febbraio 2015

Fotografia sportiva: Mia intervista su Outdoor Passion - LASTAMPA.IT

Trasmettere emozioni, raccontare e informare: è questo ciò che fa un fotografo sportivo. Un mestiere tanto ammirato e interessante, quanto difficile sotto vari aspetti: tecnici, organizzativi, fisici e di mercato. Con le nuove tecnologie, poi, questo mondo è diventato sempre più duro e competitivo e molto spesso si dibatte sul vero valore e sul livello di molti che lavorano nella fotografia sportiva. Molto probabilmente, in questo ambito i vincenti sono quelli che riescono ad abbinare esperienza, amore e passione, talento, umiltà, curiosità e capacità nell'utilizzare al meglio i moderni strumenti. Proprio come Paolo Meitre Libertini, fotografo sportivo specializzato nell'outdoor, apprezzato e conosciuto anche a livello internazionale. Uno che con i suoi scatti sa emozionare, raccontare e informare.
Paolo, com'è iniziata la tua passione per lo sport e per la fotografia sportiva?
La fotografia è da sempre il mio hobby e la mia passione più grande. Mi sono avvicinato dapprima da semplice curioso, in seguito, essendo amante dei rally, proponendomi come scattino ad alcune delle più grandi agenzie operanti nel settore, alla fine degli anni '80. Ho debuttato in alcune gare del campionato regionale ma dopo due gare considerate più commerciali, sono stato dirottato sul campionato mondiale. Quando alla terza uscita ho visto una mia fotografia stampata sulla copertina leader del settore, ho capito che forse non ero poi così scarso. Da qui l’idea di intraprendere un cammino da solista. Negli anni '90 ho iniziato a lavorare specializzandomi sulla neve ed in particolare su di uno sport emergente in quegli anni: lo snowboard.
Quali sono le maggiori difficoltà di questo mestiere?
Attualmente le maggiori difficoltà sono legate al mercato ed alla fortissima concorrenza, non sempre del tutto leale. Ma se da un lato l’interesse per la fotografia è cresciuta grazie alla tecnologia, dall’altro è cresciuta la competenza dell’utente. Questo implica che un fotografo professionista debba sempre realizzare delle immagini che si distinguano da quelle realizzate da qualsiasi persona che utilizzi una reflex.
Quali sono state le tue maggiori gratificazioni?
Per quanto riguarda la professione, direi onestamente di essere abbastanza appagato, anzi, credo di avere avuto più di quanto mi sarei mai aspettato. Da ragazzo, mi sarebbe bastato fare il fotografo di una qualsiasi rally, invece i confini si sono allargati non appena ho iniziato a guardare dentro ad un mirino con curiosità.
A livello tecnico, quali sono i dettagli più importanti quando si segue un evento sportivo?
Qui il discorso si amplia. Per prima cosa, bisogna conoscere bene la disciplina che si fotografa. Un esempio su tutti: se sono in un half pipe, devo conoscere qual è il punto dove il rider uscirà più alto per ottenere la manovra più tecnica e spettacolare. Non è raro vedere delle foto con inquadrature perfette per luce o location, rovinate da una posizione sbagliata dell’atleta. Inoltre, dipende tutto da quale tipo di evento stiamo parlando. Se facciamo un discorso generale, si parte dall’ottenere gli accrediti dall’organizzazione dell’evento stesso. Avere un pass personale, ti permette di accedere in zone riservate ai fotografi ufficiali, anche se questo non vieta di poter ottenere dei buoni scatti fotografando anche da fuori. Più è grande l’evento e più è difficile ottenerli. Se facciamo un esempio estremo, come le Olimpiadi, non è sufficiente essere un buon fotografo o lavorare a basso costo. Bisogna dimostrare di essere giornalisti/fotografi sportivi e dimostrarlo con i documenti appropriati.
Quali sono gli sport più difficili da seguire?
Beh, non ci sono sport facili se vogliamo ottenere delle immagini professionali. Certo tutto si può fotografare, la differenza si vede sempre ad occhio nudo, guardando le immagini prodotte. Inoltre è fondamentale l’utilizzo finale delle foto. Mi spiego: se quello che ci serve è una fotografia che documenta un evento, possiamo anche accontentarci di avere le foto del vincitore, piuttosto che un passaggio spettacolare. Diverso è il discorso se si vogliono ottenere immagini di qualità assoluta. Qui entrano in gioco anche le attrezzature fotografiche. Ma non è detto che possedendo un corredo di fotocamere e ottiche professionali, si ottengano immagini di tutto rispetto. Anzi, se non usate in modo adeguato tali attrezzature possono regalare delusioni non indifferenti.
Come consideri il mondo della comunicazione degli eventi sportivi, a livello generale? 
Il livello di comunicazione secondo me viaggia di pari passo con quello della fotografia, nel senso che, se da una parte le riviste sopravvissute sono sempre meno (parlo di quelle che si trovavano un tempo nelle edicole), dall’altro si fa un grande uso di internet e qui si apre un mondo nuovo. Tutti sono giornalisti e fotografi, ma sono convinto che un attento lettore riesce a cogliere le differenze tra un servizio professionale e uno che invece non lo è.
Cosa consiglieresti a un giovane che si vuole avvicinare alla fotografia sportiva?
Consiglierei di affiancare un fotografo professionista sul campo con umiltà e con la disponibilità di imparare senza fare troppo il fenomeno dopo aver ottenuto qualche scatto carino. Inoltre, per affacciarsi alla professione, è fondamentale crearsi un’identità on line. Possedere un sito ben indicizzato, può aiutare per farsi trovare. Le immagini contenute nelle gallery devono essere di qualità assoluta.
Suggerisco di non caricare centinaia di immagini mediocri. Meglio dieci foto che lasciano senza fiato. Ultimo suggerimento, ma che andrebbe messo in cima, NON REGALARE il proprio materiale e NON LAVORARE GRATIS. Quando inizieranno a chiedere i soldi, tutte le porte si chiuderanno. Questa purtroppo è la tendenza. Per lo meno sul mercato italiano.

Di Marco Ceste